Parentesi geologica: terremoti e fenomeni vulcanici in Italia

Quest’oggi riaprirò la nostra parentesi geologica soffermandoci nuovamente sui fenomeni sismici italiani. Come tutti ben saprete l’Italia è una delle nazioni geologicamente più turbolente di questo pianeta: nel nostro paese avviene un susseguirsi di fenomeni vulcanici e sismici che rendono l’Italia tanto affascinante quanto pericolosa. Ma come mai accade tutto questo?



Prima di tutto dobbiamo precisare che l’Italia si trova in un contesto geologico a cavallo fra la placca africana e quella euro-asiatica. Alcuni autori inseriscono l’Italia precisamente a cavallo fra le due placche, mentre altri la caratterizzano come il risultato di una piccola placca a sé stante a contatto con quella euro-asiatica. Ciò che è importante sapere è che i risultati sono i medesimi.
Questo tipo di geologia dovrebbe far pensare che la totalità dei fenomeni sismici italiani siano di natura compressiva, tuttavia non è così!
Una buona parte dei terremoti che hanno interessato il nostro paese, fra cui quelli del centro Italia del 2016, quello dell’Aquila del 2009 e quelli dell’Umbria del 1997 (rimanendo negli ultimi 30 anni), ha riscontrato movimenti di faglia di tipo distensivo, ovvero relativi a due blocchi di crosta continentale che si allontanano fra di loro.
I terremoti compressivi in Italia esistono, ma interessano per lo più l’Emilia-Romagna (un esempio importante è relativo al terremoto in Emilia del maggio 2012), la costa adriatica, il Friuli-Venezia-Giulia (colpita nel 1976 da un violento terremoto di Magnitudo 6.5) e la Calabria, dove la componente di subduzione, ovvero una porzione di crosta terrestre che sprofonda letteralmente nel mantello, produce anche numerosi vulcani.

La spinta esercitata dalla placca europea produce fenomeni compressivi sulle aree prima citate ma lascia letteralmente delle “fratture” sui settori rimanenti, dove si sviluppano terremoti distensivi molto frequenti. Il meccanismo del sud Italia è invece ben più complesso se si considera che in queste aree compressive si possono sviluppare terremoti distensivi anche molto profondi legati alla subduzione. In questo caso i terremoti profondi saranno dovuti allo “sgretolamento” della fragile crosta terrestre all’interno del mantello. Non sono inoltre mai da escludere i fenomeni sismici molto superficiali legati all'attività vulcanica.


Ciò che è importante sapere è che l’Italia non ha faglie abbastanza grandi per generare terremoti distensivi di Magnitudo superiore a 7.5 (un valore ad ogni modo molto notevole): Il terremoto dell’Irpinia del 1980, il quale raggiunse una Magnitudo di 6.9, si avvicinò non di troppo a tale soglia limite. I terremoti compressivi possono invece raggiungere anche una Magnitudo di poco superiore a 7.5. Il più forte di tale categoria che abbia mai interessato l’Italia è quello di Messina del 1908, di Magnitudo 7.1: esso provocò al seguito anche un violento tsunami. Non dimentichiamoci che la scala Richter, essendo logaritmica, prevede che da un grado di magnitudo al successivo ci sia un ordine di grandezza di ben 30 volte maggiore!
Esiste infine un ultimo tipo di terremoto: quello dovuto a faglie trascorrenti. È più raro e avviene quando abbiamo a che fare con due blocchi di litosfera che scivolano fra di loro orizzontalmente. Nel mondo è ben conosciuto il caso della faglia di San Andreas, mentre in Italia è doveroso citare la faglia trascorrente che interessa il Molise e la Puglia settentrionale: quest’ultima nel 2002 ha prodotto un forte terremoto in località San Giuliano di Puglia, di Magnitudo 5.7.


Daniel Gialdini

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